8848 Scud Launch

8848 Scud Launch di kbaird, su Flickr

In una recente intervista concessa a Il Sole 24 Ore l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, presidente del comitato militare della NATO, ha sostanzialmente affermato (con notevole diplomazia) che la missione della NATO stessa è finita e che ora spetta ai libici sobbarcarsi del compito di assicurare la difesa del proprio paese; d’accordo, poche righe sotto lo stesso ammiraglio aggiungeva che vi è un gruppo di “paesi amici” (inclusa l’Italia) che affiancherà le nuove autorità libiche laddove richiesto / opportuno, ma l’impressione generale era quella di “disimpegno” (saranno le ristrettezze di bilancio di cui soffrono, chi più chi meno, tutti i paesi membri dell’Alleanza Atlantica…).
Fatto sta che una simile impostazione non mi sembra affatto rassicurante; dal momento che ci siamo presi la briga di aiutare i libici a togliere di mezzo Gheddafi, adesso mi sembra il minimo esigere che “la nuova Libia” sia migliore della vecchia.
Badate bene, non sto alludendo a contropartite economiche (c’è già chi ci pensa) né ad instaurare un “protettorato” europeo o peggio ancora ribadire modalità di intervento nei paesi africani di stampo neocoloniale (a cento anni giusti giusti dall’altra nostra avventura libica sarebbe un vero anacronismo!); semplicemente sto dicendo che la nuova Libia deve essere funzionale alla difesa del fianco sud della NATO (e dell’Italia che è in prima linea). Faccio un banale esempio: come noto il deposto colonnello disponeva di missili SCUD ed un paio ce ne ha lanciati contro nel 1986 (a Lampedusa, n.d.r.; non tutti concordano sulla versione ufficiale, ma questo è un altro discorso ancora). Se la gittata di questo missile era limitata ad alcune centinaia di chilometri, è altrettanto noto che persino nazioni tecnologicamente non avanzatissime, grazie all’aiuto di qualche scienziato ex-sovietico, sono riuscite ad estenderne considerevolmente il raggio d’azione (si pensi alla Corea del Nord, il cui Rodong 1 è accreditato di una gittata di 1350 – 1500 Km), al punto che il possesso da parte libica di una simile arma esporrebbe, ovviamente in modo teorico, gran parte del territorio nazionale ad un possibile attacco. Estendendo questo rischio anche agli altri paesi coinvolti dalla cosiddetta “primavera araba” (vale a dire: ipotizzando che missili balistici a medio-raggio, MRBM, possano venir lanciati anche dai territori di Tunisia ed Egitto) risultano minacciati anche parte di Spagna, Grecia, Malta e Cipro (tutti paesi membri della NATO e/o dell’Unione Europea). Uno scenario che mi auguro i nostri vertici politico-militari abbiano ben presente!
Insomma, in assenza di uno “scudo missilistico” di difesa, è necessario un adeguato controllo dell’intero Nord Africa perché, piaccia o no, da lì inizia la difesa dell’Europa meridionale. Obiettivo raggiungibile anche con il proseguimento (sotto altra veste) dell’impegno della NATO e non dei singoli stati ad essa aderenti perché se non vado errando l’articolo 5 del trattato parla di difesa collettiva. Altrimenti che ci stiamo a fare nell’Alleanza?